Provincia da dividere? Sì, ma con calma. E a tirare il freno a mano pensa il Pd che, con la richiesta ufficiale di un rinvio – formalizzato dal vice presidente del consiglio provinciale, Cinzia Peroni – riporta tutto il discorso nell’ambito del confronto serrato tra giunta e commissario. La lunga relazione del presidente Rossi, che per oltre un’ora e mezza ha illustrato dettaglio dopo dettaglio l’ipotesi di ‘scissione’, con tanto di pesi e contrappesi economici, servirà, a questo punto, agli atti, come approfondita informativa dei consiglieri provinciali sulle ipotesi che si stanno delineando. Ma di certo non ci sarà, a questo punto, la richiesta condivisione formale da parte del consesso provinciale, fino a che non si sarà raggiunto un punto di equilibrio all’interno della stessa giunta provinciale.

Se poi, alla luce dei fatti, appare – ma in politica non è mai lecito sbilanciarsi – che ci si stia avvicinando ad un’intesa di massima tra tutte le componenti di maggioranza per quel che riguarda la divisione del patrimonio e, forse, anche per le strategie da individuare per l’attribuzione del personale ai due nuovi enti che si andranno a costituire,è altrettanto vero che adesso il nodo inestricabile sembra essere quello delle partecipate. Il Pd ascolano, in tal senso, sembra pronto a puntare i piedi sulla questione di società, come quella di trasporto pubblico, la Start, dalle quali la Provincia avrebbe soltanto ricevuto quote, ma a fronte di un patrimonio e di un parco mezzi totalmente ‘sborsato’ dai Comuni di Ascoli e San Benedetto, con la famosa fusione tra Sauc e Ams. Per il Pd, a questo punto, questa partita a scacchi dove ad ogni mossa si rischia di perdere un pezzo ‘pesante’, nell’economia di bilanci fin troppo fragili, non può assumere le sembianze di una vera e propria beffa ai danni del territorio ascolano. E il centrodestra, per assurdo, si ritrova a votare, in consiglio provinciale, contro il rinvio della questione proprio per aver capito che di questo passo si sarebbe arrivati dritti dritti ad una crisi di maggioranza a Palazzo San Filippo. Della serie: avete voluto il consiglio, adesso votate.

Alla fine, però, proprio i calcoli della politica hanno prevalso su tutto il resto e Rossi, insieme a tutti coloro che avrebbero voluto il sì consiliare a supporto di questa ipotesi, ha dovuto arrendersi all’evidenza degli equilibri politici che si sarebbero messi in gioco. Certo è che, dopo il rinvio, servirà anche una soluzione il più indolore possibile per un territorio, quello ascolano, che si ritrova a pagare per qualcosa che non ha né chiesto né voluto. Il presidente Rossi ha poi snocciolato una serie di numeri: i due Enti avranno bisogno di 790 unità: 447 ad Ascoli e 343 a Fermo. Per garantire autonomia ad a Fermo si è pensato di trattenere ad Ascoli la maggior parte dei dipendenti e destinarne a Fermo solo 275, di cui 118 già residenti nel Fermano e 26 individuati tra dirigenti e posizioni organizzative. I restanti 131 saranno ulteriormente ridotti con triangolazioni e prepensionamenti fino ad arrivare a soli 70 trasferimenti, su base volontaria o attraverso graduatorie stilate sulla base di criteri concertati con i sindacati. L’onere supplementare gravante su Ascoli sarà compensato con un corrispettivo che Fermo pagherà in cambio di servizi essenziali che sarebbero così immediatamente attivi. Dalla simulazione del bilancio che è stata fatta, risulta che le due nuove Province non andranno in dissesto finanziario, ma quella di Ascoli avrà solo una sofferenza di bilancio quantificabile in circa un milione e mezzo di euro da ripartire tra i 10 assessorati. “Sfido chiunque a trovare una soluzione per il personale migliore di questa”, ha dichiarato il presidente Massimo Rossi. (Fonte: Il Resto del Carlino)

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