Riflessione di Francesco Casagrande.

Principalmente si è soliti pensare al periodo carnascialesco che ci apprestiamo a vivere nel migliore dei modi, date le celebrazioni del 500° anno di tale ricorrenza, come arco temporale in cui vigono eccedenza e trasgressione, elementi cardini che lo connotano da sempre.

Nella circostanza della comunità offidana, sono ben riscontrabili e visibili determinati fondamenti che lo hanno preservato nel tangibile senso di appartenenza e durevole partecipazione nel corso degli anni e dei secoli, a tal punto da considerarla come una manifestazione emblematica e più rappresentativa dell’intero territorio piceno.

Difatti, le giornate culminanti de lu Bov fint e de i Vlurd, ne sono la testimonianza arcaica e precipua di come avvenissero tali rituali inneggianti al fato propiziatorio e del buon raccolto nei campi e di come venisse rivolta un’attenzione maggiore nell’ingraziarsi le divinità agrarie, atte ad influire sull’ opulenza tanto acclamata nelle epoche precedenti, per il proprio sostentamento quotidiano.

Dalle fasi lunari in cui poter scovare ed indire una preminenza sul ciclo delle stagioni, al solcare dei raggi solari, ci si soleva rendere partecipi di un divenire inclusivo e mai rescisso, con le leggi ineludibili della natura circostante.

L’augurio di un buon Carnevale offidano nel segno della sua insorgenza più primordiale.

Francesco Casagrande

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