di Gabriele Gabrielli (*)

Certo non c’è da stare allegri se si sfoglia la stampa e si va alla ricerca  di un qualche buon posizionamento per il nostro Paese. Siamo il  “fanalino di coda” in ogni classifica, graduatoria o luogo in cui si mettano a confronto indicatori e parametri economico-finanziari e produttivi. E non solo! Joaquin Almunia, Commissario Europeo dell’Economia, nel rivedere al ribasso le stime di crescita del PIL, e al rialzo quelle sull’andamento dell’inflazione, “decapita” letteralmente – commenta con rassegnazione il Corriere della Sera del 22 febbraio u.s.- la previsione di crescita del PIL per l’Italia riducendola allo 0.7%. Qualche giorno prima leggiamo “un’altra impietosa fotografia” del nostro Paese scattata dal confronto di alcuni indicatori nel campo della ricerca nei Paesi europei. Siamo agli ultimi posti per innovazione, investimenti in ricerca e sviluppo e nelle misure che favoriscono l’imprenditorialità [Il Sole 24 Ore, 15 febbraio 2008].

Ma non finisce qui. Proviamo a cambiare completamente settore ed avviciniamoci a quello che viene chiamato “moda e lusso etici”, ossia semplificando l’insieme dei produttori e degli acquirenti che costituiscono un mercato in forte crescita da alcuni anni. Ebbene, ci si poteva aspettare qualche cosa di meglio? Macche’! Anche qui siamo agli ultimi posti in Europa, come ci informa la Ricerca commissionata dall’International Trade Center e diffusa a fine gennaio al Workshop Ethical Fashion [Il Sole 24 Ore, 12 febbraio 2008]. Qualcuno allora potrebbe sperare che si tratti di un trend che qualifica il solo settore economico e produttivo e che magari la situazione cambi quando si muta prospettiva e ci si vada a confrontare, per esempio, con osservatori sociali o di costume. E invece no. A raffreddare le ingenue e facili speranze ci pensano gli esiti di un sondaggio, che leggiamo in un settimanale che titola: “Casalinghi: siamo i peggiori d’Europa”. Ci si riferisce ai risultati di una ricerca realizzata dalla Iard per conto della Henkel Italia che evidenzia come la resistenza maschile a impegnarsi concretamente in casa, e in generale nella vita di coppia, sia la più alta d’Europa! [Panorama, 21 febbraio 2008]. Insomma, pare non ci sia proprio via di scampo; gli “ultimi posti” sono quelli che ci spettano e che pare meritiamo. Quando si è in coda allora, a meno di non voler cambiare “gara”, c’è solo da rimboccarsi le maniche e soprattutto selezionare le priorità. Capiamo però che ogni selezione costa, perché mortifica sempre le aspettative e le ambizioni di qualcuno. Darsi delle priorità significa deludere inevitabilmente qualcuno.

Non c’è periodo peggiore allora, per le imprese, per il management e per il lavoro, di quello delle competizioni elettorali, quando si possono prospettare promesse di improbabili risalite nelle classifiche (e chissà cosa altro) che vanno perciò attentamente valutate. In tutto questo, però, è vera anche un’altra cosa; Fabrizio Galimberti annota sapientemente [Il Sole24Ore, 22 febbraio 2008] che “non tutte le notizie sono cattive”, perché nei momenti di grande cambiamento e incertezza come quello che viviamo “le statistiche non riescono a catturare tutta la realtà…”. Quando si sta in coda, allora, occorre approfittare per ridarsi priorità sostenibili, lavorare per accrescere produttività ed aumentare orgoglio; e far avanzare così la luce del “fanalino di coda”. (Fonte: LUISS BUSINESS SCHOOL – news)

* Direttore Executive MBA

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