(da Fondazione Lavoroperlapersona). Il tempo che abbiamo vissuto – e che probabilmente vivremo ancora per un po’ – ci invita a riflettere sul valore della prossimità e sulle effettive potenzialità della distanza. Questi due modi di vivere la socialità confermano, ciascuno con il suo linguaggio, la nostra natura interrelata, interconnessa, interdipendente. L’umanità ferita, vulnerabile e fragile è la stessa che si ripensa, si progetta, trova soluzioni e dà senso, insieme, agli eventi. La pandemia ha colpito non solo la vita delle persone, ma anche la trama delle relazioniè attraverso le relazioni che si è diffusa e per loro tramite può essere – e in parte è stata – arginata. Prendersi cura di questa comune appartenenza significa fare i conti con l’“infrastruttura relazionale” dell’umano, cioè con quella interfaccia invisibile, ma concreta, tra uomo e ambiente, privato e pubblico, personale e sociale. Prossimità e distanza sono forme della relazione che è “origine” e “compito”: dimenticarne i nessi significa mettere a rischio la stessa sopravvivenza del vivente e del pianeta.

Di fronte all’emergenza pandemica, i rapporti che abbiamo tradizionalmente imparato a tessere hanno dovuto fronteggiare conformazioni e logiche del tutto inaspettate e, per molti versi, ancora inesplorate. Le nostre esperienze sociali, lavorative e relazionali hanno trovato, pur nella difficoltà, nella rarefazione e nella mediazione, canali alternativi di espressione, consolidamento, solidarietà. Limitati nella possibilità di essere prossimi, la tecnologia ci ha fortunatamente permesso di trasformare la distanza in uno spazio in cui continuare a mantenere rapporti di amicizia e lavoro. Il luogo in cui le nostre relazioni abiteranno, però, deve ancora fare i conti con l’impatto di questa forzata trasformazione, un impatto che non si esaurirà con la pandemia, ma che, inevitabilmente, segnerà il nostro futuro, soprattutto quello delle generazioni più giovani.

La distanza, infatti, ci ha sottratto quei rapporti diretti e “corti” cui eravamo abituati, per sostituirli con mediazioni e strumenti spersonalizzanti. D’altra parte, il tempo che abbiamo vissuto, in alcuni momenti più vuoto e rarefatto, ci ha anche permesso di elaborare insospettabili ripartenze e nuove strategie di sviluppo. La pandemia – proprio grazie alla mediazione tecnologica – ha attivato nuove forme di collaborazione tra le persone e ha accelerato la transizione verso un lavoro sempre più smart, sottratto dai vincoli di spazio e di tempo. La domanda, però, rimane: questo eccesso di mediazioni cui siamo esposti che conseguenze relazionali potrà avere nel lungo periodo? E quando ne potremo davvero misurare gli effetti?

Si impone, dunque, una doppia questione sul governo di questi mutamenti: da una parte, infatti, abbiamo bisogno di ricostruire una semantica delle relazioni capace di recuperare la prossimità ferita; dall’altra, non possiamo perderci le esperienze e le opportunità determinate da questa distanza forzosa, cercando di impiegarle in modo generativo. In questo tempo sospeso, le forme comunicative e relazionali a distanza hanno sostituito quelle in presenza. Nel futuro, anziché escludersi a vicenda, questi linguaggi dovranno imparare a convivere, sperimentando equilibri inediti e inclusivi all’insegna della promozione dell’umano.

Ciò permetterebbe di essere all’altezza delle sfide planetarie che ci si impongono in quanto esseri-in-relazione e di ripensare questa epoca in cui l’uomo trasforma il mondo in senso deteriore, come il cammino verso una coabitazione rispettosa tra i viventi. Un cammino che si pone in continuità, dunque, con gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 individuati dall’ONU nel 2015 al fine di percorrere la via – impervia ma fruttuosa – della contaminazione tra i paradigmi della prossimità e della distanza. Tale contaminazione, infatti, può essere un ulteriore strumento per immaginare percorsi di innovazione imprenditoriali e sociali capaci di ridurre le diseguaglianze, costruire un lavoro dignitoso per tutti e porre le premesse per una cura globale del pianeta. Per questo, il Film Festival Offida 2021 vuole contribuire alla riflessione fondamentale per il senso e il significato del lavoroperlapersona dal quale ricostruire un mondo di legami ancora più forti.

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