“La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”: così recita l’art. 45 della Costituzione. Ma ad Offida, patria storica del tombolo marchigiano, le merlettaie non hanno atteso provvidenze dall’alto e si sono riunite in cooperative spontaneamente, con l’intento di valorizzare e salvaguardare la propria arte, vero e proprio bene culturale del territorio.

Si dedica all’arte del merletto il 60% delle offidane, occasionalmente o a tempo pieno: passeggiando per il borgo le vedi sugli usci, tutte ”intente all’opra”, mentre  manovrano con sorprendente agilità i piccoli legni, sette coppie per il punto Rinascimento, dieci coppie per il punto Venezia, fino a diciassette coppie di fuselli per il prezioso punto antico, “tutto trine stellari come cristalli di ghiaccio”. I fuselli tintinnano armoniosamente sul tombolo gonfio di crusca, su un pentagramma tracciato da spilli e candidi fili di rete. Il merletto cresce sul modello di carta e fioriscono le filigrane dei papaveri, i mazzi di primule, i corposi melograni, la ghianda; si materializzano allegorie amorose, scivolano placidi cigni sul rigonfiamento del tamburo.

Lavoro lento e laborioso il tombolo: per coprire un quadratino di 15 cm si impiegano ben sette ore. È un’arte genovese, portata qui, forse, dalle monache benedettine nel 1644: da allora la musica dei fuselli non è mai stata interrotta e fiorì alla grande. Vengono da Offida i merletti per il lusso di principi e prelati, per le mense e per gli sponsali di nobili e dame, per gli altari barocchi e per i santi di gesso; pizzi offidani ingentiliscono i camici quattrocenteschi che furono di S. Giacomo della Marca, custoditi dai frati di Monteprandone. E chissà quanti altri capolavori saranno creati dai fuselli offidani.

(Interessante articolo di Massimilliano Montesi. Fonte: http://www.xplacecompany.com/blog_dett.asp?id=68#.Ubs8puctyE9)

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