clip_image002L’economia e il lavoro vivono da vicino, anche nel nostro territorio, le questioni che la stanno caratterizzando quest’epoca di forte cambiamento, almeno nell’occidente. Tra queste spicca per la sua multidimensionalità il tema della diversità che ha tante facce e che può essere declinata in molti modi. Ne parliamo con Gabriele Gabrielli (www.gabrielegabrielli.com), un marchigiano che frequenta Offida da quasi 30 anni con un passato da manager in numerosi gruppi e grandi aziende del Paese e Docente di Organizzazione e gestione delle risorse umane all’Università Luiss di Roma. Dall’anno scorso insegna anche a San Benedetto del Tronto, sede distaccata della Facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche.

Da dove vogliamo cominciare? Puoi dirci cosa significa gestire la “diversità” nel lavoro e nell’economia?

Credo che la cosa migliore per discutere di questo complesso tema sia partire da qualche esempio concreto e poi ragionarci sopra. La diversità nel mondo del lavoro ha molte dimensioni, come già ricordavi. C’è quella dell’età che modificherà modi di lavorare sfidando tutti. L’allungamento delle aspettative di vita, l’allontanamento nel tempo del momento per andare in pensione, il calo demografico sono tutti fattori che avranno certamente almeno una implicazione: più generazioni occuperanno contestualmente i luoghi sociali e organizzativi.

Perché dici che è una sfida per tutti?

Perché richiede agli imprenditori, ai “capi” e alle persone una grande capacità di leggere e comprendere le aspettative degli altri, coglierne le differenze e costruire le risposte professionali e di relazione più appropriate. Questa capacità di mettersi nei panni altrui la considero la vera competenza di cui bisogna dotarsi per vivere bene sia nel sociale, sia nei luoghi di lavoro. Ed è una competenza ancora non diffusa a sufficienza su cui bisogna lavorare predisponendo investimenti educativi a tutti i livelli. Sempre più vedremo lavorare insieme giovani di venticinque anni e anziani di sessantacinque e oltre; non solo. Già oggi stiamo sperimentando cosa vuol dire lavorare anche con persone che appartengono a segmenti di età diversi, come i trentacinquenni e gli over fifty, come li chiamiamo, ossia quelli che hanno superato la soglia dei cinquanta. Non è difficile immaginare che ci siano in tutti i casi atteggiamenti verso il lavoro diversi; valori differenti; conoscenze e competenze molto variegate. Le generazioni infatti crescono e si formano in ambienti diversi. Occorre allora far stare tutto questo insieme in modo produttivo e senza che generi conflitti, ricercando il benessere organizzativo e personale di ciascuno.

Credo che non sia proprio facile …

Beh, direi proprio di no! Immaginiamo, soltanto per fare un esempio, quanto possa essere diversa l’attitudine del giovane e della persona più matura verso il “lavoro di gruppo” o, ancor di più, verso il lavoro cooperativo che ci offre la “rete” e che la tecnologia ci spinge a usare. Le opportunità sono molte. Ma anche i rischi. Pensiamo per esempio se la tecnologia (o meglio la maggiore o minore capacità di usarla) diventasse strumento di marginalizzazione … anziché occasione per integrare nel lavoro le diverse generazioni. Di esempi concreti ce ne sono davvero tanti. Insomma, fare i conti con la diversità, significa innanzi tutto condividere un principio: che una società non può fare a meno di nessuno e che tutti possono e devono concorrere a questo risultato. Lo deve fare la politica, attraverso lo strumento legislativo e gli incentivi più appropriati, lo deve fare l’economia e le sue regole, lo deve fare l’impresa e il management. Ma non finisce qui, perché lo strumento più importante per preparare la società a gestire le molte diversità è la scuola e l’educazione a tutti i livelli, a cominciare dalla famiglia per arrivare all’università e poi ai luoghi di lavoro.

Ecco che ritorna il tema delle molte dimensioni della diversità. Abbiamo toccato quella dell’età, ma ce ne sono molte altre …

Quella dell’età, come dicevo, è forse la più evidente e sentita anche perché pone davanti a tutti la questione del confronto generazionale e del rapporto giovani-anziani in una società. E’ stato molto interessante per me discuterne recentemente in occasione di un incontro organizzato dal Rotary di Ascoli Piceno presso il Caffè Meletti. Mi sono fatto l’idea, parlandone con molte persone che ricoprono ruoli diversi nella società e nel lavoro, che questo aspetto crea qualche preoccupazione e disagio, perché ci si sente forse impreparati. C’è però una grande voglia di comprendere per attrezzarci tutti. E questo è un bel segnale, vuol dire che in questo territorio c’è una sorta di “dna inclusivo” che vuole accogliere e integrare. E’ un ottimo anticorpo contro i conflitti sociali che bisogna allontanare a tutti i costi. Ma l’età è solo un aspetto della diversità rilevante per l’economia e il mondo del lavoro. C’è quella di “genere” che sta sempre più occupando le pagine dei giornali perché ci sono molte –e talvolta discusse- iniziative al riguardo; c’è quella relativa allo status sociale, ancora ben presente nella nostra cultura; c’è quella che può derivare dalla salute di ciascuno di noi; c’è poi quella altrettanto evidente della diversità del rapporto di lavoro, per esempio a tempo indeterminato o determinato, part time o full time, a progetto e così via, con cui si presta la propria collaborazione e potremmo continuare. C’è poi, naturalmente, anche quella relativa alla razza e al paese di provenienza …

Ecco, la diversità delle origini ha un impatto sempre più evidente anche nell’economia e nella gestione del territorio, non è vero?

E’ proprio così. Il tema del lavoro immigrato è uno dei più difficili da trattare, ma vorrei subito dire una cosa. Il lavoro e le competenze che ci vengono portate da fuori dei confini sono solo “manna” per la nostra economia e per il nostro sviluppo. Le ragioni sono tante e molto evidenti, a cominciare dal fatto che gli immigrati portano nel nostro Paese anche nuova natalità, addolcendo un po’ gli indicatori statistici che ci vedono come una realtà che invecchia progressivamente senza capacità di rigenerazione. Voglio sottolineare poi un altro aspetto. Quando parliamo di lavoro immigrato andiamo subito a pensare ai lavori che nessuno vuol più fare; lavori dunque a basso contenuto professionale e che non richiedono grandi conoscenze e competenze. Ma la realtà è ben diversa da questa percezione. Oggi lavoro immigrato significa anche lavoro imprenditoriale, manageriale, professionale. In Italia, ormai, il numero degli imprenditori stranieri che vivono, producono e creano lavoro nel nostro Paese si avvicina alle due cifre. Nel Piceno, un 5% circa delle piccole e medie imprese sono guidate da imprenditori di origine straniera. Tutto questo è positivo, perché ci fa crescere e ci aiuta a sviluppare una cultura inclusiva, capace di valorizzare le differenze integrando persone, gruppi e ricchezza nella società. Ma occorre investire molto su questo aspetto, perché –lo dicevo sopra- gestire la diversità è la chiave del futuro.

So che attorno a questo tema dell’accoglienza e della gestione della diversità stai raccogliendo idee e energie per realizzare un Centro di Ricerca e di Formazione a Offida. Ci puoi anticipare qualche cosa?

Con molto piacere. Sì, è proprio così. Si tratta di un progetto molto ambizioso cui sto lavorando da tempo. Solo poche battute che sarò ben felice di poter sviluppare, se di interesse per i lettori, in una prossima occasione. L’idea è quella di aggregare le migliori energie del territorio, istituzionali e private, e di alcune università per realizzare una serie di significative iniziative con l’obiettivo di promuovere una cultura imprenditoriale, manageriale e del lavoro che valorizzi la persona nella sua unicità e integralità, ritenendo questo approccio un fattore essenziale per costruire un futuro “accogliente” e prospettare uno sviluppo sostenibile della società e dell’economia. Le idee sono molte e particolarmente ambiziose. Ora le stiamo meglio strutturando per poterle realizzare a breve e contribuire così a rendere attrattivo questo bel territorio, valorizzando la ricchezza artistica, culturale ed enogastronomica di Offida e di tutto il Piceno all’insegna dell’accoglienza.

(Alberto Premici)

© Copyright - OFFIDA.info
Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.