di Alberto Premici – Prendo spunto dalla notizia odierna che vede Offida assegnataria di un fondo da parte del Ministero da impiegare per la valorizzazione del nostro Carnevale. Quando una comunità beneficia di risorse è sempre una buona novella.

Detto questo mi sento dover fare alcune considerazioni di carattere generale sulla situazione attuale di questa amata tradizione.

L’Offida carnevaliera ha alcune peculiarità che la rendono nota nel panorama delle manifestazioni simili nell’intera penisola: Bov Fint, Vlurd e Congreghe.

Le prime, in versioni diverse ma con origini storiche simili, fanno parte della storia delle tradizioni italiane, anche se scomparse quasi ovunque. La caccia dei tori o dei buoi di Venezia, ad esempio, e tutti i riti legati al fuoco purificatore pre quaresimale, ancora presenti in diverse località.

La vera unicità sono le Congreghe, i Gruppi, le Sette, i Clan, ecc. nate nel primissimo dopoguerra, che via via si sono strutturate e sono, a mio giudizio, la vera ricchezza del Carnevale, insieme a tutte le altre iniziative di singoli o gruppi, alla mascherate, agli animatori del Bove Finto coerentemente vestiti, che vivacizzano ogni giornata di questo atteso periodo.

Con l’aggiunta, dagli anni 50, di piccoli, poi diventati grandi, corpi musicali al loro interno, rendono ancor più straordinaria la loro presenza.

Appartenendo ad una di esse, come tanti, potrei farla lunga e narrare quanto in mia conoscenza su riti, aneddoti, storia, fatti e misfatti, ma non credo sia qui la sede.

Questa breve premessa ha lo scopo di fermare un pò la memoria su ciò che è stato e non su ciò che, ahimè, sta diventando il Carnevale di Offida.

Iniziative diverse che non considerano appieno queste tipicità, ne stanno lentamente stravolgendo il senso e l’attrattiva, relegando a figure di secondaria importanza quelle che sono sempre state essenza e unicità.

Il successo non risiede nella massificazione di una tradizione, ma nella tutela della stessa, adoperandosi in ogni modo affinché sia tramandata integra alle nuove generazioni.

La Domenica degli Amici, ad esempio, ha perso ogni valenza, dimenticando che ebbe inizio proprio in ambito congregale negli anni 70, su idea della Congrega del Ciorpento, per rinnovare o sancire l’amicizia.

Questo valore è l’origine ed il collante di tutti i gruppi che animano, o vorrebbero tornare ad animare, la settimana più attesa degli offidani. Ma gli spazi pubblici per farlo si sono ridotti anno dopo anno, ignorando il danno prodotto ed il rischio di perdere una tradizione così importante.

Il centro storico della nostra città non può accogliere una massa di persone abnorme, come accaduto nell’ultima edizione del Carnevale, causa poi di situazioni censurabili dal punto di vista igienico sanitario e di viabilità.

La gestione di spazi e tempi dovrebbe essere appannaggio di chi è parte attiva del Carnevale e ne conosce bene la storia o la sta costruendo, come le ultime congreghe nate composte da giovanissimi, naturalmente coordinandosi con gli Enti coinvolti.

Diversamente si assisterà ogni anno ad una triste decadenza verso il punto di non ritorno con costi notevoli, tra l’altro, a carico della Pubblica Amministrazione per la sicurezza e quant’altro. Pensiamo solo un attimo cosa sarebbe stato il Carnevale se quelle risorse, di decine e decine di migliaia di euro, fossero state ripartite tra i gruppi mascherati.

Prima di musealizzare una tradizione, preoccupiamoci di mantenerla integra, riportala “in purezza”, e non trasformarla in un magma indistinto di folla, dove l’offidano – carnevaliere si senta quasi ospite a casa sua.

In ogni luogo dove è presente una tradizione così importante, si lavora in armonia tutto l’anno, tra organizzatori, figuranti, gruppi, associazioni ed Enti, per la buona riuscita delle manifestazioni, conciliando il rispetto della tradizione, alla partecipazione, al decoro e sicurezza della città ed al disagio dei cittadini.

Penso anche al fatto che sono troppi anni che non si spendono risorse o si incentivano iniziative di tipo culturale, finalizzate a ricerche archivistiche documentali, che possano aggiungere tasselli di storia a quella già secolare del Carnevale offidano.

Si va un po’ a convenzioni come, ad esempio, il fatto che il prossimo sarebbe la 500esima edizione, poiché negli statuti di Offida del 1524, credo nel settimo capitolo, erano citate norme e proibizioni riferite ad un non ben distinto periodo che includeva il Giovedì Grasso.

Credo che il nostro Carnevale sia ancora più antico, proprio perché una disposizione o una sanzione, si determina dopo un consolidato periodo in cui alcuni reati sono stati compiuti con continuità.

Il tempo per riorganizzare tutto, in un’armonica condivisione, potrebbe essere ancor sufficiente. Occorre la volontà e l’umiltà di sentirsi tutti importanti e non indispensabili, a beneficio di un nuovo “rinascimento” carnascialesco.

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