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(una vecchia foto della Congrega del Ciorpento)

di Alberto Premici

Oggi, 17 gennaio, è la  data che convenzionalmente gli offidani hanno scelto come inizio ufficiale del carnevale e già da stasera alcune “congreghe”,  dopo i rispettivi convivi “propiziatori”, usciranno per le vie del paese per ferseggiarne l’evento.

Dai testi antichi e addirittura nel settimo capitolo di STATUTA OPHIDANORUM – statuti di Offida, il  Carnevale, anche se non esplicitamente definito tale, viene citato e riconosciuto come periodo di festa. La traduzione di uno stralcio del testo in questione infatti, risalente intorno al 1500, recitava:

“…se non è previsto diversamente da qualche statuto, è proibito amministrare la giustizia nei seguenti giorni…nel giorno delle Ceneri e del Giovedì Grasso“. In buona sostanza si concedevano ferie ad autorità e funzionari per consentire loro di partecipare ai divertimenti ed alle feste popolari che si svolgevano; ma ad un’attenta lettura del “dispositivo” forse si presupponeva nei giorni successivi, una paziale incapacità di intendere e volere dei medesimi per le ovvie ed abbondanti libagioni.

In queste manifestazioni, non mancavano eccessi e degenerazioni tanto da indurre il Podestà ad ordinanze come quella del 30 gennaio 1581, conservata nell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno, nel fascicolo Offida – atti civili, in cui testualmente si riporta:

Volendo il Magnifico et egregio homo eofilo Florindo d’ Acquasparta et al presente Podestà della terra di Offida l’occasione di molti scandali che succedono per conto delle maschere, et vengono dati da persone travestiti, comanda ed ordina che nessuno di qualsivoglia stato, condizione  possa andare dentro o fora della terra di Offida in tempo alcuno con maschera al volto o barba posticcia  o travestito o in abito  trasformato sotto pena, se fosse senza armi di giorno di  scudi 25 et la notte di 50 et se con armi o bastone, il giorno di scudi 80 e tre mesi di prigionia et la notte,oltre le suddette pene,tre tratti di corda. Nelle medesime pene incorreranno ancora tutti coloro che ricetteranno in casa sua maschere o altre sorte delle suddette persone le quali pene si applicheranno in questo modo, cioè due quarti alla Reverenda camera apostolica l’altro all’esecutore ed un altro quarto allo accusatore il quale sarà tenuto segreto e si darà fede ad un testimonio. Aggiungendo che se alcuno così travestito mascherato o trasformato commetterà delitto in qualsivoglia persona con bastone o altra arma da offendere oltre la pena di sopra alla qualità del delitto commesso, incorra nella pena della galea (reclusione) perpetua et se ne seguisse la morte dell’offeso incorra la pena della forca et confiscazione dei suoi beni“.

Testimonianze e cronaca del Carnevale offidano sono state poi riportate nel settimanale Ophys diretto da Guglielmo Allevi, del 3 dicembre 1891, e che oggi ha ripreso vita per merito del Centro Studi Allevi.

Sarebbe impossibile qui ripercorrere la storia del Carnevale da quel tempo ai giorni nostri; resta la perpetuazione di un periodo di festa ed allegria che vive grazie alla partecipazione entusiasta dell’intera collettività offidana, delle “congreghe” e “sette”, di associazioni e singoli gruppi e dell’Amministrazione Comunale stessa, tutti impegnati per la riuscita delle manifestazioni e degli spettacoli previsti.

Domenica giornata dedicata all’amicizia, ancora per le vie del centro molte delle congreghe oltre alla Congrega del Ciorpento, ormai al suo 60° anno di vita.

Pro-Loco, associazioni e gruppi di amici hanno da tempo stilato il loro programma fino al gran finale che avverrà, come sempre, nella giornata di Martedì Grasso con gruppi mascherati, congreghe ed il numeroso pubblico che da sempre vivacizza l’intero centro storico, in attesa che la sfilata notturna dei “Vlurd”, con il suo antico rituale di “purificazione”, chiuda questo lungo periodo di allegria, per introdurre quello della riflessione e del “pentimento” …e delle diete.

Che carnevale!

Non petiè proprie esse Più allegre de quescì commara miè,.

Pe lu troppe ballà, ancora li piè .

Me dole e lu ghenfiore ne me cesse:

Se sapesse commà. ..Se te decesse

Che peccatacce… Oh poveretta mè!

Chi me li verrà ssolve? E grossi bè;

Se mariteme può li risapesse!. ..

De carnevale tutte se pò fa;

E’ per queste che dopo carnevale

Vè la Santa Quareseme, commà;

Acciocchè oguno se possa purgà,

De tutte li peccate, anche mortale,

Aforze de dejù e de baccalà.

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p align=”justify”>(Offida-17.2.1893 – Poesia in dialetto offidano, pubblicata in data 5 Marzo 1893 dal settimanale OPHYS, composta dal dott. Basilio Mercolini)

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