di Francesco Casagrande
Il periodo carnascialesco, avvertito dalla comunità offidana come fonte di rinnovata vitalità e di consolidamento dei rapporti umani, funge da spartiacque fra la stagione dormiente dell’inverno e la rinascenza della natura con il fiorire di nuovi virgulti.
A tal punto il compimento dei vari riti propiziatori ed iniziatici ravvivano il fondamento educativo e culturale della proprie civiltà contadina, indetto dalla premura e dalla verecondia con cui si opera nel mantenimento conservativo delle leggi cosmiche; tuttavia essere relegati ai principi indissolubili elencati, testimonia l’irrevocabile coinvolgimento emotivo a cui si è chiamati.
Il popolo con la sua vox populi, ossia grida festanti ed inneggianti al tripudio di piazza, ne proclama l’effettiva unicità, basata su momenti conviviali e di condivisione partecipativa dell’ intera tradizione secolare ancora in atto.
Si è in fervente attesa de lu Bov fint, evocativo di un’abbondante libagione, scampata ad una durevole indigenza di pasti frugali nel peggiore dei casi ad un miserrimo digiuno, per poi giungere al termine degli incombenti bagordi con l’ accensione de li Vlurd, fuoco che divampa e purifica in virtù della penitenza quaresimale, da affrontare con predilezione ad opere di misericordia ed aiuto reciproco.
Un augurio sincero a tutti gli offidani di un buon Carnevale goliardico e vivace sotto i molteplici aspetti della vita comune.
