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di Gabriele Gabrielli *

Per un management generoso. Parlare di “generosità” nei luoghi di lavoro non è facile. È una associazione che il contesto economico e produttivo in cui viviamo non ci fa venire subito in mente, tutt’altro. Semmai l’associazione più immediata è quella lavoro-egoismo, lavoro-opportunismo, lavoro-individualismo. Proviamo allora a fare qualche riflessione su questo tema per tentare invece di recuperare il valore straordinario che la generosità può rappresentare per il benessere nei contesti organizzati. Partiamo dalla condivisione di alcune dimensioni che sembrano poter qualificare, in qualche maniera, i luoghi di lavoro.

Faremo questo semplificando enormemente la ben più complessa realtà e selezionando–con un’opera di consapevole riduzionismo”- ciò che ci sembra più funzionale a riflettere intorno alla questione proposta. Negli ambienti di lavoro, al pari di quello che succede negli altri contesti organizzati, soffriamo per il “tempo” che ci manca, per quello che ci viene sottratto, per il tempo che non ci viene dato. Il tempo ci manca perché il ritmo e la pressione sulle cose da fare sono elevati; ansimiamo, corriamo ma proviamo sempre un senso di inadeguatezza. C’è inoltre un tempo rilevante che, nella nostra percezione, ci viene sottratto e che non possiamo utilizzare per dedicarci alle cose che ci sono più care o che ci piace di più fare. C’è anche il tempo però che qualcuno non ci dà: è il poco tempo, per esempio, che il capo ci concede per discutere con lui dei problemi da affrontare, per condividere il percorso di sviluppo (“dove sei e dove puoi arrivare”) o i programmi dell’azienda.

È su quest’ultimo aspetto che vogliamo concentrare questa riflessione sulla generosità perché crediamo che sia una dimensione, quella dell’uso del tempo “manageriale”, ad alta efficacia esemplificativa. Riguardo a questo profilo discuteremo di alcune situazioni concrete per rendere visibili alcuni spazi possibili di generosità. La generosità, infatti, non è una dimensione astratta, ma una realtà molto visibile e misurabile; la generosità si può toccare e guardare; si può “immagazzinarla” e farne un uso in tempi successivi; la generosità si può ascoltare e leggere; la generosità si può “sentire” e “condividere”. E ogni volta che questo succede, cioè quando viviamo una delle situazioni appena descritte che ci mette “in contatto” con la generosità, sentiamo crescere in noi energia e spinta; la generosità infatti è contagiosa e crea benessere; anche nel medio-lungo periodo. Ma usciamo un po’ dalla metafora e “concretizziamo” ciò che di generoso ci può essere dietro i sensi e le azioni richiamate. Un “capo” ti può dare la mano con generosità.

Può fare questo “investendo” nella relazione; può farlo invece solo per educazione. Nel primo caso, quando si è generosi, si trasmette qualche cosa di più; non soltanto nel senso di “un non dovuto”, quanto piuttosto un qualche cosa che sostanzia e dà senso a una relazione, a un legame, a uno stare insieme. Analogamente quando “ascolti” un capo generoso te ne accorgi subito; perché senti anche qui che c’è un di più; un qualche cosa che va oltre la parola e il “detto”. Comprendi, quando ascolti un capo generoso, che sta andando oltre perché ti mette al centro e sei importante; è generoso, mentre parla e ti racconta il contesto di una situazione, non tanto e non solo perché “questo tempo” sarà funzionale al tuo lavoro, ma perché consapevolmente sta costruendo una “zona comune” dove condividere e ampliare la relazione.

Ugualmente accade quando si leggono comunicazioni “generose” rispetto a quelle senza anima; quelle cioè che non ti concedono niente di più dello scritto. Un capo generoso poi lo “senti” nei momenti in cui non ci penseresti mai; la generosità infatti costruisce anche spazi nuovi di  condivisione di emozioni e sentimenti. Un capo è generoso quando questi spazi li fa emergere; quando libera questo sommerso dal “pudore manageriale” che vuole considerarlo inutile e pleonastico. Tutto questo però, e riprendiamo il filo  da cui siamo partiti, richiede e consuma “tempo manageriale”. La generosità allora, in questa limitata prospettiva suggerita, è consapevolezza di mettere la persona e la relazione al centro, insieme a tutto il “suo” tempo.

  • Docente Università LUISS Guido Carli (Fonte: la Voce della Vallesina)
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