di Alberto Premici – Israele ha sferrato all’alba l’Operazione Rising Lionun, un massiccio attacco su obiettivi in territorio iraniano. L’operazione è stata pianificata con l’impiego di 200 aerei, supportati dal Mossad, che hanno colpito strutture nucleari, installazioni militari e residenze di alti comandanti iraniani.

Israele ha definito l’azione “preventiva”, finalizzata a smantellare “il programma nucleare iraniano”. Sono stati colpiti gli impianti di arricchimento dell’uranio a Natanz, Khondab e Khorramabad. Nessuna anomalia radioattiva riscontrata al momento.

Sono morti nell’attacco il comandante delle IRGC, Hossein Salami, il Capo di Stato Maggiore militare, Mohammad Bagheri, e scienziati nucleari di rilievo come Fereydoun Abbasi e Mohammad Mehdi Tehranchi.

Colpiti anche edifici residenziali a Teheran e in almeno altre otto province (es. Tabriz), con vittime civili.

Fonti iraniane hanno definito l’attacco una “dichiarazione di guerra”, e promesso una dura risposta. È stata issata a Teheran la bandiera rossa, simbolo di vendetta. Il panorama geopolitico e strategico del Medio Oriente, già incandescente, rischia ora una radicale destabilizzazione, con conseguenze globali.

L’attacco di Israele sulla capitale dell’Iran avrebbe provocato 78 morti tra i residenti e 329 feriti. Lo rendono noto media iraniani.

Ore 20.30: in risposta, l’Iran ha lanciato tre diversi massicci attacchi con droni UAV, per larga parte intercettati prima di penetrare in Israele o nei cieli di Tel Aviv e Gerusalemme e missili balistici. Alcune fonti parlano di 15 feriti.

L’IDF ha già intrapreso nuovi raid in Iran anche dopo il contrattacco. L’azione è in corso.

È probabile che si intensifichino attacchi con droni e missili nei prossimi giorni, con possibile coinvolgimento di obiettivi americani o infrastrutture civili.

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